ANALISI

Pagamenti non autorizzati: il riparto dell’onere della prova e il rischio da ignoto tecnologico



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I principi in base ai quali l’intermediario deve dimostrare non solo la regolare autenticazione delle operazioni ma anche l’assenza di dolo o colpa grave dell’utente, mentre al cliente è richiesto un preciso onere di allegazione. Infine, le più recenti pronunce dell’Arbitro Bancario Finanziario e della giurisprudenza di merito, volte a garantire un regime di tutela rafforzato per l’utente

Pubblicato il 8 mag 2025

Riccardo Stefan

avvocato – studio Casa & Associati



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Pagamenti non autorizzati: il riparto dell’onere della prova. Pacifica la configurabilità di un concorso colposo del pagatore, l’onere di provarne la negligenza (o la colpa grave o la frode) incombe sull’intermediario. Secondo quanto dispone la normativa, qualora l’utilizzatore di servizi di pagamento disconosca la paternità di un’operazione economica già eseguita a sua insaputa, spetta al prestatore dimostrare, per un verso, che l’operazione di pagamento sia stata autenticata, registrata e contabilizzata correttamente e che la stessa non abbia subito gli effetti pregiudizievoli di un malfunzionamento delle procedure necessarie per la sua esecuzione; per altro verso, è tenuto a provare che l’utente non abbia impedito la verificazione della transazione illecita disattendendo ai suoi doveri comportamentali (i.e. la colpa grave o il dolo) o, persino, che l’abbia egli stesso eseguita.
È pacifico che si sia in presenza di un’inversione dell’onere della prova, non derogabile dall’autonomia privata (la norma è imperativa).
Di contro, l’utente resta gravato soltanto dall’onere di allegare l’abusiva utilizzazione dello strumento di pagamento in suo danno, non essendo tenuto nemmeno a dimostrare la corretta custodia dei codici di accesso.
La disciplina istituita con il D.Lgs. n. 11/2010 (che ha recepito la direttiva PSD2) e successive modifiche pare aver quindi configurato una responsabilità contrattuale, nei casi di servizi e strumenti che si avvalgono di mezzi di pagamento elettronici, connotata da un «regime di speciale protezione e di altrettanto favor probatorio» per l’utente e, al contempo, particolarmente gravoso per il professionista; lo sbilanciamento dell’assetto probatorio sul lato dell’intermediario deriva essenzialmente dal fatto che la diligenza richiesta al prestatore nell’erogazione dei suoi servizi ha natura tecnica (c.d. diligenza dell’accorto banchiere) e viene valutata in maniera più rigorosa.
La ratio è da rintracciarsi nell’inquadramento giuridico della responsabilità del prestatore sempre più in termini di «rischio di impresa» che, per quanto non rappresenti una novità nel settore bancario, ha di recente subito (in particolare nelle pronunce dell’Arbitro Bancario Finanziario) una significativa diffusione: in sostanza, il rischio professionale, rappresentato anche dalle perdite subite dai clienti nei casi di frode o manomissione di terzi, deve allocarsi in via prevalente sul soggetto che è in grado di sopportarlo economicamente (e, pertanto, sull’intermediario).

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